#14 La fine dell’avventura aldina
#14.1
Nel 1509 la guerra che contrappose la Lega di Cambrai alla Repubblica di San Marco costrinse Manuzio a sospendere i lavori dell’officina tipografica. Quello stesso anno Aldo si trasferì a Ferrara dopo aver ceduto le proprie quote societarie a Torresano.
L’editore rientrò a Venezia due anni dopo, riattivando la stamperia in un momento in cui la concorrenza in città si era fatta più forte. In quello stesso periodo, tuttavia, si registrò un incremento della collaborazione dell’officina aldina con alcuni dei migliori intellettuali del periodo, come Marco Musuro e Andrea Navagero.
Proprio nella dedica a quest’ultimo della Rhetorica ad Herennium del 1514 è presente un ritratto dell’attività di Aldo negli ultimi anni.
In essa, l’ultrasessantenne editore espose tutto il suo disagio nei confronti del mestiere che lo aveva reso celebre, costringendolo, sul finire della vita, a relazionarsi a una folla di persone desiderose di pubblicare per i suoi tipi, come pure a rispondere a corrispondenti sparsi in tutto il mondo.
Oramai anziano, Aldo non possedeva più le forze per sopportare il peso di un’attività editoriale frenetica, universalmente riconosciuta come una delle più fervide imprese culturali del tempo.
#14.2
Nel gennaio del 1515 Aldo pubblicò l’ultimo lavoro tipografico della sua esistenza, prima di riuscire a portare a termine il programma editoriale da lui ideato l’anno precedente.
Nella fattispecie si trattava della seconda edizione del De rerum natura, il poema di Lucrezio da lui già pubblicato nel dicembre del 1500, che aveva aperto la strada alla nuova serie di pubblicazioni dedicate alla letteratura latina.
Già nella presentazione della prima edizione indirizzata, come quella del 1515, ad Alberto Pio, Aldo aveva messo in chiaro la sua posizione nei confronti del testo di Lucrezio.
Sebbene apertamente in contrasto con la dottrina cristiana, l’opera poteva e doveva essere pubblicata e conosciuta non tanto per i suoi contenuti quanto per la testimonianza storica e filosofica che essa rappresentava.
Il De rerum natura era infatti considerato uno dei pochi documenti (e certo il più consistente ed elegante) attraverso cui era stata tramandata la dottrina epicurea, la quale faceva parte a pieno titolo della cultura greca celebrata dagli umanisti.
#14.3
Con l’inserimento della seconda edizione del Lucrezio curata da Navagero all’interno degli enchiridia, nella serie cioè dedicata ai poeti greci, latini e volgari, Aldo volle ribadire sul finire della vita la sua posizione di umanista ed editore cristiano nei confronti non solo di un testo apertamente contrastante coi dettami della sua fede, ma di tutta la classicità.
La dedica ad Alberto Pio è in questo senso una sorta di testamento culturale, entro il quale Manuzio lasciò un alto messaggio umano e intellettuale. Gli scritti di autori come Lucrezio rappresentavano per Aldo delle fonti per nulla limitative; sebbene lontanissimi dalla sua logica religiosa, essi potevano essere inseriti in un programma culturale senza per forza entrare in contrasto col messaggio della rivelazione.
L’umanesimo cristiano di cui Aldo si fece alfiere era, in altre parole, una cultura libera e aperta in maniera intelligente, talmente salda e solida nei suoi principi da potersi permettere il desiderio di conoscere posizioni culturali differenti e talvolta apertamente avverse alla propria.
La pubblicazione dell’opera di Lucrezio rappresentò non soltanto una pagina importante della produzione aldina, ma racchiuse in sé il senso profondo di tutta l’avventura editoriale di quel raffinato umanista-editore che fu Aldo Manuzio.