#9 Un programma per il volgare
#9.1
La collaborazione tra Aldo e Pietro Bembo non si esaurì di certo con la pubblicazione della grammatica del Lascaris del 1495 né con quella del De Aetna l’anno successivo; al contrario, i rapporti tra i due umanisti continuarono in maniera costante.
Il maggior frutto di questo sodalizio intellettuale fu la pubblicazione, tra 1501 e 1502, delle opere volgari di Petrarca e Dante all’interno della serie aldina dei libelli portatiles. L’inserimento dei due maggiori poeti italiani “moderni” all’interno di una linea di pubblicazioni che privilegiava gli autori della classicità rappresentava di fatto un punto di innovazione eccezionale.
L’elemento più importante di questa operazione editoriale sta proprio nell’aver elevato i testi dei due autori italiani verso l’aura della classicità, fornendo loro la stessa cura filologica che le edizioni aldine avevano dedicato alle opere della grande letteratura latina e greca.
Come già avvenuto per Virgilio, Orazio e gli altri autori latini, i testi dei due poeti furono quindi proposti al pubblico nella loro nuda integrità, senza l’inserimento di alcun commento, il che era operazione quasi impensabile per i tempi, soprattutto nel caso di Dante.
A quella data, infatti, la plurisecolare tradizione esegetica della Commedia era stata rinvigorita dal recente commento di Cristoforo Landino (1481), divenuto ormai elemento paratestuale imprescindibile per tutte le edizioni a stampa del periodo.
Proporre una versione dell’opera priva di apparati esegetici rappresentava, sia per il caso di Petrarca sia per quello di Dante, un nuovo modo di avvicinare i lettori alla grande letteratura volgare.
#9.2
Uno dei fattori chiave del successo che arrise alle due edizioni aldine dei poeti volgari fu sicuramente l’approccio critico-filologico nei confronti del testo, dovuto all’impegno profuso nell’impresa editoriale da Pietro Bembo.
In entrambi i casi, l’umanista veneziano aveva sentito la necessità di allestire un testo che fosse basato sull’analisi di manoscritti autorevoli e contemporaneamente corretto nella sua struttura linguistica.
Tale esigenza portò Bembo ad approntare uno scrupoloso esame filologico dei codici da lui collazionati per l’allestimento delle due stampe.
Nel caso di Petrarca, in particolare, l’umanista ricorse, almeno nel processo di revisione, agli autografi petrarcheschi allora custoditi a Padova da Gaspare e Daniele Santasofia e più tardi entrati in suo possesso.
Allo stesso modo, nell’allestimento delle Terze rime (titolo dato per l’occasione dal curatore all’opera di Dante) Bembo utilizzò il manoscritto, posseduto nella biblioteca di famiglia, che Boccaccio aveva donato a Petrarca e che costituisce oggi il codice Vaticano Latino 3199.
Entrambe le edizioni curate da Bembo conobbero un successo eccezionale, formando insieme uno dei veicoli trainanti della riforma linguistica concepita dall’umanista veneziano.
#9.3
Nonostante il favore altissimo con il quale vennero generalmente accolte le aldine volgari, non mancarono le critiche di alcuni studiosi, causate in prevalenza dall’assenza nelle edizioni di apparati esegetici e dall’uso rivoluzionario dei segni diacritici e della interpunzione (apostrofo, punto e virgola, accenti).
Questi elementi erano già stati utilizzati da Aldo negli enchiridi latini, ma mai impiegati in edizioni volgari, il che disorientò più di un lettore abituato a ben altra tipologia di libro tipografico.
In particolare, l’edizione di Petrarca fu mira di aspri attacchi da parte di coloro che negavano l’attendibilità del testo.
In risposta a tali critiche alla fine dell’edizione fu aggiunto un fascicolo, non sempre reperibile negli esemplari sopravvissuti, contenente un avviso ai lettori firmato da Aldo, ma dietro il quale non si celava altri che il curatore dell’opera.
In esso si ribadiva la validità del metodo filologico su cui si basava l’edizione, dimostrando l’autografia delle fonti e discutendo inoltre numerose problematiche linguistiche e grafiche.
Questo breve ma denso documento è una testimonianza perfetta del significato effettivo della collaborazione tra due umanisti del calibro di Manuzio e Bembo: un sodalizio virtuoso che, attraverso le scrupolose attenzioni filologiche e la raffinata cura editoriale, elevò la letteratura volgare al ruolo di classico.