#2 Aldo e Venezia
#2.1
Alla fine del Quattrocento, Venezia rappresentava la maggiore potenza commerciale italiana nonché uno dei più importanti poli culturali della penisola. Tra le molteplici attività ivi praticate, una delle più giovani, ma al contempo più fiorenti, era sicuramente quella dell’arte tipografica. Da quando, nel 1469, Giovanni da Spira aveva introdotto nella Serenissima l’ars artificialiter scribendi erano trascorsi più di venti anni.
Da allora l’invenzione di Gutenberg si era diffusa in maniera capillare all’interno della città e molti, italiani e stranieri, avevano deciso di intraprendere in quella sede l’avventura del nuovo mestiere di stampatore. Venezia, crocevia commerciale dotato di una elevata presenza di capitali da investire, offriva, nel campo della produzione di libri a stampa, possibilità di successo maggiori rispetto a qualsiasi altra città italiana.
Tradizionalmente si ritiene che il maestro bassianese fosse giunto nella città lagunare attratto dalle numerose biblioteche ricche di codici greci (prima fra tutte quella donata allo stato veneziano dal cardinale Bessarione), come pure dalla notevole presenza di esuli provenienti dal Peloponneso invaso dai Turchi. Fin dalla prima metà del Quattrocento Venezia fu il più importante centro italiano di produzione libraria manoscritta in lingua greca. L’idea di diffondere la cultura ellenica per mezzo del libro a stampa, scopo che Aldo perseguì praticamente per tutta la vita, prese forma probabilmente proprio in seguito al trasferimento veneziano.
#2.2
Un simile progetto poté definirsi grazie anche all’influenza che ebbe su Aldo un circolo di intellettuali di grande prestigio: quello riunito attorno al patrizio Ermolao Barbaro. La cerchia di umanisti vicina a questo personaggio, promotore di una filologia basata sulla perfetta padronanza delle lingue classiche, era costituita, infatti, da studiosi che possedevano cospicue raccolte librarie personali, il cui patrimonio era di frequente messo a disposizione degli eruditi.
È probabile che Manuzio abbia avuto modo in più occasioni di consultare i codici greci custoditi in queste biblioteche, come pure quelli ospitati nelle raccolte di alcuni esponenti del patriziato veneziano accomunati dall’amore per la cultura ellenica. Nel 1493 Aldo pubblicò la sua grammatica latina, segno che a quella data egli praticava ancora l’insegnamento privato.
La svolta decisiva avvenne poco tempo dopo, quando, grazie anche alla munificenza del suo vecchio discepolo Alberto Pio, Manuzio ebbe per la prima volta la possibilità concreta di attuare il suo piano editoriale. Di certo i guadagni dell’attività di precettore non potevano bastare per assumere un impegno finanziario importante come quello di un progetto editoriale, ma nemmeno la generosità del principe poteva fornirgli tutti i capitali necessari all’impresa. La soluzione fu dunque quella di costituire una società con altri investitori disposti a dare fiducia al programma editoriale di testi greci ideato da Manuzio.
I due personaggi che diedero ad Aldo l’occasione di realizzare il suo sogno furono Pietro Francesco Barbarigo, nipote del doge regnante Agostino, e Andrea Torresano, uno dei più importanti stampatori veneziani che due anni prima aveva pubblicato l’opera grammaticale di Aldo. Nel 1495 fu costituita la società editoriale che vedeva Manuzio come detentore del 10 per cento delle quote, mentre Torresano e Barbarigo ne possedevano rispettivamente il 40 e il 50. Sebbene la partecipazione finanziaria di Aldo fosse minima, cionondimeno sue erano le scelte editoriali, suo il programma su cui si basava l’impresa.
#2.3
Tra febbraio e marzo del 1495 venne alla luce la prima edizione “litteris ac impensis Aldi Manuci Romani”. Si trattava degli Erotemata di Costantino Lascaris, la fortunata grammatica greca pubblicata per la prima volta a Milano nel 1476 e più volte ristampata. Rispetto al passato l’edizione di Aldo possedeva la particolarità di basarsi su un manoscritto che presentava una nuova versione dell’opera, con correzioni autografe di Lascaris.
Il codice era stato portato a Venezia da due giovani e promettenti patrizi, Pietro Bembo e Angelo Gabriel, ritornati da Messina dove avevano ascoltato le lezioni dell’illustre maestro. A differenza delle precedenti edizioni, inoltre, quella manuziana presentava, a fronte del testo greco, la traduzione latina. La pubblicazione degli Erotemata, oltre a segnare il punto d’avvio del programma “greco” di Aldo, rappresentò l’inizio della collaborazione con Pietro Bembo.
Del giovane patrizio, Manuzio pubblicò nel 1496 il dialogo De Aetna, considerato uno dei capolavori dell’editoria rinascimentale, per la stampa del quale il punzonista bolognese Francesco Griffo creò una nuova elegantissima serie di caratteri romani esemplata probabilmente sul modello calligrafico di un manoscritto delle Silvae di Stazio appartenente alla biblioteca privata del padre di Pietro, Bernardo Bembo. In questo modo Aldo riuscì a sdebitarsi con il giovane per il contributo dato alla sua prima edizione e contemporaneamente a rinsaldare i rapporti con una delle più importanti famiglie della Serenissima.